Non so perché mi trovo in questo deserto.
E perché tanta nostalgia di gente. Non mi sembrerebbe anche quella folla sconosciuta, quelle teste, tanti granelli di sabbia? Tutte quelle parole che non vorrei ascoltare, un sole troppo caldo dal quale non si può fuggire, proprio come qui.
Mi sono stancato di chiamare. Ormai il primo brivido di paura è diventato rassegnazione.
Vorrei lasciarmi morire di sete.
Ho cercato con lo sguardo e le mani disperate bruciate deluse; nelle unghie la sabbia, nella sabbia le unghie.
Ora mi sono abituato a questo sapore di polvere e di caldo nella bocca e quando avrò solo la forza per pensare e poi nemmeno più quella, mi sembrerà assurdo morire di questo.
Come un vecchio che si è abituato alla vita e al dolore, e per troppa vita e per troppo dolore, muore piangendo.
Troppa sabbia, troppo sole.
E io un vecchio l’avevo visto morire. Proprio in quel modo.
E quando la guardai negli occhi per parlarle della morte, e per dirle quello che era accaduto, mi sentivo così confuso.
I rami di un albero ferivano un raggio di sole e i brandelli di luce cadevano sull’erba e sangue luminoso colava lungo il tronco.
Ero confuso.
Guardai l’eterno bacio d’amore tra il cielo e la terra.
Qui è sabbia e cielo.
Ovunque.
Le guardai la bocca.
Forse le dissi che avevo voglia di camminare.
Ci alzammo.
Orme.
Mi seguono, le seguo, cerco qualcuno.
E trovo me stesso affannato disteso stanco, nemmeno più sudato.
Questa sabbia mi pesa come la vita. Basterebbe soffiarla via.
E più si è disperati, più ci si affanna, più il sudore l’appiccica al corpo.
Il vecchio si era attaccato alla vita, le dissi.
Come uno che sta per buttarsi da un ponte e, guardando l’acqua fredda, ci ripensa.
Ci si era aggrappato con tutta la forza delle sue mani rugose, ma troppo deboli, troppe le rughe.
Gli avevo detto che era bello incontrare uno come lui, un vecchio che sapeva essere anche giovane.
Rispose che era meglio un giovane che sapeva anche essere vecchio.
Guardava la riva del fiume e all’improvviso i suoi pensieri diventarono rugosi come la sua fronte.
Tornammo indietro senza più parlare.
Io pensavo alla giovinezza e all’amore, lui alla vecchiaia e alla morte.
Passò un treno con gran rumore di rotaie e di ferraglia, ma di tanta imponenza e di tanto spavento, non rimase altro che un po’ di fumo, che subito si confuse con le nuvole.
Restammo a guardare senza abbandonare i nostri pensieri.
13 settembre 1973
A mio padre